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La storia

Alpinismo goriziano - Grega Žorž: Settant’anni con il nome sbagliato
La caserma Vittorio Emanuele III di monte Tricorno

Il nome Morbegno è divenuto attraverso l'uso di decenni il simbolo della presenza italiana nelle montagne slovene, e ancora oggi suscita sentimenti contrastanti in chiunque si trovi davanti alle rovine di quello che una volta era l'edificio più in quota sulle montagne slovene. Io l'ho »scoperto« solo dopo un paio d'anni di studi e ricerche (dapprima da dilettante, in seguito divenute scientifiche) del consolidamento del confine di Rapallo. Ho usato il suo nome cosi', come fu - senza un'ombra di dubbio sulla sua storia, poiche' la "Morbegno" era la fonte di numerosi articoli e libri, sia sloveni che italiani. Quest'anno però ho ricevuto un documento italiano dal 1943 che mi ha "trascinato" a lungo per archivi, finchè non ho ricostruito l'intera immagine cronologica delle montagne slovene, dal monte Mangart fino al monte Porezen, nel corso dell'intollerante occupazione italiana. Trascurate, ma completamente accessibili fonti archivistiche italiane, differiscono quasi completamente dall'interpretazione oggi accettata di quel periodo, e danno un'immagine diversa dei rifugi, mulattiere e costruzioni militari. Con la pubblicazione contemporanea sul Planinski Vestnik e su Alpinismo goriziano presento per la prima volta al pubblico una piccola parte della mia tesi di laurea intitolata Il Consolidamento del Confine di Rapallo e il suo potenziale turistico, con la quale voglio rappresentare l'intera organizzazione della Venezia Giulia.

L'Italia occupa una gran parte del territorio sloveno di alta montagna
Tutto iniziò alla fine del 1918 quando i generali austriaci firmarono il »cessare il fuoco« sul campo di battaglia italiano, cercando di salvare la monarchia nonostante gli stati nazionali si fossero già formati. Il trattato di pace, e non l'accordo di Londra, e' stato anche la base giuridica per l'occupazione italiana del territorio fino alla linea della tregua. Se anche il confine approssimativo è stato fissato solo nel 1920, e fu concordato e tracciato nei sei anni successivi, gli Alpini italiani (e dopo loro anche gli alpinisti) già nel 1919 marciavano orgogliosamente sul »nuovo« territorio conquistato. Il presidente della delegazione di demarcazione della S.H.S. (il regno dei Serbi Croati e Sloveni), fu (tra il 1921 e il 1924) il noto generale R. Maister. Il monte Triglav, che fu diviso dalla nuova frontiera tra due regni, aveva già a quell'epoca diverse vie di accesso, ma tutti i rifugi esistenti erano rimasti all'interno del Regno di SHS. Gli italiani potevano utilizzare solo tre vie per salire sul Triglav: attraverso le Plemenice, il vecchio percorso di Kugy, e la salita attraverso il monte Komar. Potevano solo osservare i rifùgi, a loro inaccessibili, compresi nell'area che si estende tra la Sfinge e il Kanjavec. È stata questa la ragione che ha portato alla costruzione di nuovi rifugi, che (almeno alcuni) sono usati ancora oggi.

La costruzione della »vera« Capanna Morbegno ed altri rifugi
Già nel settembre del 1919 fu ufficialmente inaugurata la Capanna Morbegno (2500 m), che è «colpevole« dell'errore piu' grande nella moderna toponomastica del territorio sotto il monte Triglav. Il nome Morbegno probabilmente deriva dal battaglione degli Alpini "Morbegno", provenienti dalla omonima località valtellinese. Il battaglione era - alla fine della prima guerra mondiale - parte integrante della 2° armata. Già nel 1921 però ritorna a Milano nelle proprie caserme. Capanna in italiano significa un semplice edificio in legno – in sloveno- »brunarica«. Dalla guida alpinistica italiana pubblicata nel 1930 (scritta l'anno prima), si apprende che la Capanna Morbegno era solo un bivacco provvisorio: Nella Capanna Morbegno,che è una costruzione in legno del dopoguerra (inaugurata il 18 settembre 1919), non è consigliato alloggiare. Può servire per il pernottamento solo in caso di necessità visto che manca di arredamento e lo spazio è limitato. Si trova sotto alle pareti rocciose 70 metri a sud e 450 m ad ovest della cima del monte Triglav. Nella mappa della commissione per la delimitazione a scala ridotta (1: 5.000), si vede la cima del monte Triglav con il cippo del settore numero10, e la posizione della vera Capanna Morbegno. Nella mappa si vede il vecchio sentiero di montagna che va a sud - est dalla (futura) mulattiera, al termine del quale ci sono oggi i resti di una grande ex caserma militare – (questi non erano ancora segnati nelle mappe dell'epoca di Zaplanja). Nei primi dieci anni dell'occupazione italiana sono sorti un sacco di nuovi sentieri e rifugi . Ad esempio Rif. Sillani (oggi la capanna sulla sella del monte Mangart), Rif. Suvich nella Loøka Koritnica (che non esiste più), Rif. Antonio Seppenhofer, vicino al »Pogaœnikov dom« (Kriøki podi), Rif. U. Polonio (accanto alla stazione inferiore della teleferica che sale al rifugio »Pogaœnikov dom«, Rif. Furioso e Rif. Bassano, vicino alla mulatiera, a sud dal monte Ozebnik, accanto al monte Trebiøœina salendo ai Prehodavci e il Rif. Alba, oggi koœa na Prehodavci. Due anni dopo la costruzione della prima mulattiera di collegamento gli Alpini, stanziati nella caserma »Italia« a Tolmin, iniziarono anche altre costruzioni in prossimità del Triglav. Il battaglione alpino Bassano - anzi la sua compagnia "La Furiosa"- costruì già nel 1926 la prima mulattiera su Prehodavci, alla quale fu aggiunto in seguito un altro percorso da val Zadnjica (Zadnizza), accanto all’Ozebnik. »La Furiosa« edificò lungo il percorso altre due costruzioni, che esistono ancora oggi, e portavano il nome di Rif. Furioso e Rif. Bassano.

Accesso al monte Triglav
Nessuna di queste capanne però si trovava all'interno della zona di accesso al Triglav. La situazione cominciò a cambiare nel 1928. La guida alpinistica italiana dell'epoca così descrive il percorso per la salita al monte Triglav: Dalla chiusa di Val Sadnizza varcato su un ponticello il torrente spumeggiante proveniente dal vallone del Forame si sale per larga mulattiera, ben tracciata nel bosco, più in alto intagliata nella roccia, fino al bivio Forame-Tricorno. Dal ponticello al bivio ore 1¼. Dal bivio a d. si imbocca la nuova mulattiera che nel primo tratto si svolge nel vallone di Kugy. La via arditamente scavata nella roccia, supera dapprima con audaci tornanti sovrapposti un dislivello di circa 100 m., poi descrive un largo giro da N a S attraversando (sotto una parete) una soglia media del vallone; indi con altri tornanti supera un pendio con rado bosco, sul quale procede con continue svolte fino ad una piccola capanna in legno (“capanna Jolanda”, m. 1840 ore 1 dal bivio), (dove è stata fino alla metà degli anni trenta la stazione terminale della teleferica; N.d.A.). La mulattiera prosegue a svolte superando una quarantina di m. di dislivello, e passa accanto ad una seconda capanna (le fonti la menzioneranno più tardi come rif. Gemona. N.d.A.) (“Capanna superiore” m. 1880). Qui si dirama il sentiero detto “via Kugy” che porta al “nevaio di Plezzo” ed al Tricorno. Continuando a d. per la mulattiera si gira verso S, e svoltando si entra nel grande vallone Dolez. La mulattiera, costruita a grande altezza, in parte scavata nel sasso, in parte sostenuta da grandi muraglioni, nel primo tratto segue il percorso d’un vecchio sentiero ora abbandonato, poi, dove questo scende, lo lascia e sale nella parete rocciosa, tagliandola con parecchi tornanti sovrapposti, e raggiungendo la parte superiore del vallone Dolez. Qui si incontrano alcune baracche in legno, residuate dall’opera di costruzione della mulattiera; ... Si prosegue sul fondo dello stretto vallone pieno di massi e di detriti e rinserrato ai due lati da alte pareti, e si risale indi un pendio franoso, elevandosi all’altezza della cosidetta falsa sella Dolez... (Da questa alla sella Dolez sono circa 200 m. di percorso quasi piano. Dalla sella Dolez [cippo di confine n. 11] bella vista sulle montagne della conca [jugoslava] di Velopolje e verso la sella Hriberce). (Scritto dopo il cambiamento del nome del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni nel 1929; nota d'autore). Vicino il falso passo Dolez a O. della cima Santa Margherita nel 1930 verranno iniziati i lavori di costruzione di un nuovo rifugio, che sarà finanziato dai ginnasti Triestini e dalla sezione alpina CAI Trieste. Il rifugio e' stato inaugurato il 19 ottobre nel 1930, ed è stato intitolato all'alpinista triestino Napoleone Cozzi.

La caserma sotto il monte Triglav
Nel 1929, la mulattiera ufficialmente terminava sul "falso" Passo Dolez, ma le fonti ci rivelano che da qui fino alla Capanna Morbegno la sistemazione del suo percorso proseguiva per essere completata nel 1930. Nel 1929 i redattori della guida alpinistica hanno percorso la mulattiera non ancora finita attraverso il selvaggio mondo carsico e in un'ora e mezza sono arrivati fino alla Capanna Morbegno. Ciò che per noi è più importante è il passaggio seguente: Circa 20 min. prima d’arrivare alla capanna Morbegno si stacca a sin. un ramo della mulattiera per raggiungere altra costruzione in muratura (m. 2558), pure destinata a ricovero alpino, sulla Cima Seleniza. Ed e' questa la prima nota accessibile al pubblico della costruzione di un nuovo e il più alto edificio delle nostre montagne, ma non ci svela ancora il suo nome e nemmeno il proprietario. Questi dati sono accessibili soltanto nelle fonti militari. Ho trovato la prima menzione di questo edificio sconosciuto sulla mappa dell'Istituto Geografico Militare italiano (1: 50.000), che è stata stampata nel 1929 e ristampata nel 1932. Sulla mappa è segnata come »Cas.ma Rif.« che significa Caserma Rifugio. Il suo vero nome l'ho trovato solo più tardi nei documenti legati alla costruzione delle teleferiche.

Funivie merci, percorsi agevoli e il collegamento telefonico
La prima teleferica e stata probabilmente costruita per i bisogni della costruzione della mulattiera e saliva dalla radura nella zona Utro fino alla stazione superiore vicina alla Capanna Jolanda. In seguito il tragitto fu allungato fino alla caserma in modo che la Capanna Jolanda diventò una stazione intermedia. Vicino ai suoi resti si trovano le rovine di altri due edifici. Più in alto – sopra la mulattiera - ci sono i resti del Rif. Gemona, che serviva da ricovero per gli addetti della stazione. La seconda teleferica saliva invece dalla Capanna Jolanda fino alla Caserma Rifugio Vittorio Emanuele III di monte Tricorno. Ed è proprio questo il vero nome delle rovine, oggi scorrettamente chiamate Morbegno. La caserma apparteneva alle unita' G.A.F. – Unità della Guardia Alla Frontiera dell’alto settore Isontino che aveva la sede nella »Caserma GAF Cantore« a Trenta Na Logu sita dove oggi sorge l'edificio del Centro informazioni del Parco Nazionale del Triglav. Come è stato già detto in articoli precedenti, la caserma era collegata con la valle attraverso un cavo telefonico, la teleferica, e anche con la mulattiera, lungo la quale poteva salire in motocicletta l'ufficiale di comando per le ispezioni. Per salire alla caserma oltre i muli e la teleferica era stato sviluppato anche un veicolo speciale, che però si guastava spesso a metà strada a causa dei tornanti e della forte pendenza. Veniva usato per trasportare i pezzi più ingombranti e pesanti di materiale come, per esempio, il legno da costruzione. Quando nell'anno 1931 l'Italia comincia anche ufficialmente la costruzione delle fortificazioni del cosidetto Vallo alpino, appare per la prima volta la necessità di una nuova unità militare, che potrebbe sostituire gli Alpini in questi edifici. Cosi si forma (all'interno dell'armata) l'Unità della Guardia alla Frontiera - GAF, cha ha preso il posto anche sulle montagne delle pattuglie degli Alpini, che da quel momento in poi non avevano più il proprio presidio permanente, eccetto alcune piccole unità. Le montagne slovene vengono nuovamente militarizzate.

Gli avvenimenti a Doliœ (Passo Dolez)
Gli archivi militari del XI corpo d'armata coprono soltanto gli ultimi anni del regime fascista sul nostro territorio. Da questi possiamo dedurre, che la teleferica fino alla Caserma Vittorio Emanuele al monte Tricorno aveva anche la »propria vicina« che forniva il Rif. Napoleone Cozzi al Doliœ (Passo Dolez). La stazione inferiore era a fianco alla mulattiera, che dopo 20 metri finiva nel bosco sopra il ponte; la sua stazione superiore invece si trovava un po' più avanti dell'unione del percorso della via Komar con la mulattiera principale. Poco dopo la guerra il Rif. Napoleone Cozzi fece una triste fine: nel 1951 crollò sotto il peso della neve. Il Rifugio era chiamato dai montanari dalla parte Jugoslava del confine, anche prima della seconda guerra mondiale, il RifugioTriestino, poiché fu costruito e gestito dai triestini. Il nome fu assunto anche dalla nuova capanna, costruita vicino, che fu gravemente danneggiata da una valanga nel 2009. L'ultima menzione della Caserma Vittorio Emanuele la troviamo nel documento che mi ha spinto a frugare negli archivi tanto a lungo. Il documento mi e' stato mandato da due ricercatori e militari dalla Guardia di Finanza: Michelle Di Bartolomeo e Federico Sancimino, che di recente hanno pubblicato un libro sull’attività del Corpo al quale appartengono sul confine orientale dell'Italia nel ventesimo secolo. Dal documento e' evidente, che la caserma e' stata usata anche dagli appartenenti della Reale Guardia di Finanza, e non solamente dalle unità GAF, che erano state (a causa dei partigiani) in gran parte trasferite al settore sud del confine di Rapallo nella nuova provincia di Lubiana. La caserma rimane abbandonata e condannata alla rovina. Nel documento del 26.7.1943 si evidenzia che la caserma è stata occupata da una banda di ribelli – cioè partigiani, sebbene fosse stata già avviata sul posto la guarnigione estiva. Il contenuto di questo documento suscita molte più domande rispetto alle risposte che ci fornisce poiché l'estate del 1943 fu il periodo tra la destituzione di Mussolini e la capitolazione dell'Italia, quando tutte le unità militari avevano ricevuto l'ordine di ritornare a presidiare i vecchi confini. E la Morbegno? Il destino della Capanna Morbegno resta dopo tutto ancora sconosciuto. Sul posto della prima baracca fu costruito un nuovo edificio in pietra, che e' tutt'oggi il più conservato di tutte le rovine sul territorio est della Zaplanja e il monte Triglav. (La Caserma Vittorio Emanuele sorgeva più a ovest). I suoi proprietari, costruttori e anche i suoi utenti restano sconosciuti. Le fonti militari delle unita' GAF, degli ingegneri come anche tutti i comunicati del XI corpo d' Armata non la menzionano nemmeno una volta. I due ricercatori della Guardia di Finanza non hanno scoperto durante la loro indagine nessun collegamento tra la Morbegno e la loro organizzazione.

Conclusione
La Caserma Vittorio Emanuele III è soltanto uno degli esempi di interpretazione errata degli edifici o degli eventi del periodo tra il 1918 e il 1943, che abbiamo cercato (con una approfondita ricerca e l’approccio acritico) di correggere sia nella letteratura tecnica che nei testi di storia, perché meritano una lettura esatta e la memoria storica (non agendo così in fin dei conti falsifichiamo la nostra storia). Devo accennare al fatto che sto indagando il confine di Rapallo ed i suoi resti soltanto come geografo e storico. Credo di aver presentato sufficienti fonti originali e verificabili, da poter dare dopo 70 anni il nome giusto a quel ammasso di pietre. L'umiliazione dell'unico edificio, che porti un nome regale sul nostro territorio, con l'umile denominazione »Capanna« è in fondo paragonabile al nostro rapporto passato nei confronti di questo edificio.

Grega Žorž

Alpinismo goriziano september 2014 (PDF)


Planinski vestnik - oktober 2014

SLEDI V ČASU
Sedemdeset let smo jo napačno imenovali. Vojašnica Vittoria Emanuela pod Triglavom. Grega Žorž

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